Lunedì 7 marzo e mercoledì 9 marzo 2022
Incontro 1 Incontro 2 Incontro 3la sintesi della Cei
Prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale
“Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”.
Queste parole di papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato un anno fa.
Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento.
Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa.
Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali! Le difficoltà vissute in questo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino.
Questo testo, “I Cantieri di Betania”, è frutto proprio della sinodalità.
Nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini.
Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute.
È tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta.
È una grande opportunità per aprirsi ai tanti “mondi” che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù.
Viene consegnato alle Chiese all’inizio dell’estate, perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno.
Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che “tanto poi non cambia niente”, ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore.
Camminiamo insieme perché con Gesù e, quindi, tra noi.
Ricordiamo quest’anno il sessantesimo di apertura del Concilio Vaticano II.
È sempre la nostra Madre Chiesa, segnata da dolori e dispiaceri per quanto ha oscurato la sua storia, ma piena di ricchezze spirituali, di nuove e inaspettate energie per guardare “con sicurezza ai tempi futuri”.
Mi sembrano così vere ancora oggi le parole pronunciate, all’inizio dell’assise conciliare, da San Giovanni XXIII circa coloro che, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare “i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio” perché “non sono capaci di vedere altro che rovine e guai”.
Non senza “offesa”, commentava amaramente il Papa “buono”.
Essi “vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa”.
Abbiamo molto da imparare! Sono (siamo) i “profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”.
Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a
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“vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”.
Perché è ancora più vero oggi che “non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli”.
Giovanni XXIII concluse con un’affermazione che sento di fare mia: “È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!”.
Il Signore ci aiuti a vivere il nuovo anno di Cammino con questa consapevolezza, matura, segnata dai problemi, certo, ma anche ricca di speranza nello Spirito del Signore che ci guida nelle avversità del mondo ed è l’unica forza nella nostra fragilità perché ci riempie del tesoro di Cristo.
Con fraternità Matteo Card.
Zuppi Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Roma, 11 luglio 2022 Festa di San Benedetto Abate
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Nel maggio 2021, rispondendo all’invito di papa Francesco, le Chiese in Italia si sono messe in cammino, avviando un percorso sinodale.
Hanno intrapreso un itinerario aperto, in obbedienza allo Spirito che sorprende sempre; come “Chiese in uscita” hanno invitato tutti a partecipare attraverso una consultazione ampia e capillare; hanno proposto un cammino spirituale, di ascolto reciproco, una sinodalità vissuta sulla quale far leva per quella riforma che il Signore domanda continuamente alla sua Chiesa.
Prestare orecchio a “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (cf. Ap 2-3) è stato il principio che ha guidato e orientato il Cammino sinodale sin dall’inizio.
Nel settembre 2021, infatti, a seguito delle prime riflessioni del Gruppo di coordinamento, il Consiglio Episcopale Permanente così ha prospettato il primo anno della fase narrativa del Cammino, inserendolo nel tracciato del Sinodo universale (Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione): Il biennio iniziale (2021-2023) sarà completamente dedicato alla consultazione di tutti coloro che vorranno partecipare: alle celebrazioni, alla preghiera, ai dialoghi, ai confronti, agli scambi di esperienze e ai dibattiti.
Più che attendersi ricette efficaci o miracoli dal documento sinodale finale, che pure si auspica concreto e coraggioso, siamo certi che sarà questo stesso percorso di ascolto del Signore e dei fratelli a farci sperimentare la bellezza dell’incontro e del cammino, la bellezza della Chiesa (...).
Nel primo anno (2021-22) vivremo un confronto a tutto campo sulla Chiesa, percorrendo le tracce proposte dal Sinodo dei Vescovi; nel secondo anno (2022-23), come già chiese il Papa a Firenze, ci concentreremo sulle priorità pastorali che saranno emerse dalla consultazione generale come quelle più urgenti per le Chiese in Italia.
Prima ancora dei documenti, sarà questa stessa esperienza di “cammino” a farci crescere nella “sinodalità”, a farci vivere cioè una forma più bella e autentica di Chiesa.
L’anno pastorale 2021-2022 ha visto l’apertura del Cammino sinodale in tutte le diocesi italiane (17 ottobre 2021).
Non sono mancate incertezze e perplessità a rallentare il percorso; nel cuore dell’inverno si è riacutizzata la pandemia con il suo carico di lutti, sofferenze e disagi; alla fine di febbraio è scoppiata la guerra in Europa, riaccendendo ferite, paure e risentimenti.
In mezzo a queste crisi, che reclamano un contributo al dialogo, alla pace e alla fraternità, il popolo di Dio si è messo in cammino.
Si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone.
Più di 400 referenti diocesani hanno coordinato il lavoro, insieme alle loro équipe, sostenendo iniziative, producendo sussidi e raccogliendo narrazioni.
Si è creata una rete di corresponsabili che è un primo frutto, inatteso, del Cammino e una risorsa preziosa per la sua prosecuzione.
Mentre esprimiamo gratitudine al Signore per la generosità di quanti si sono resi disponibili, ci impegniamo a sostenerli anche nel secondo anno.
Ciascuna diocesi ha trasmesso alla Segreteria Generale della CEI una sintesi di una decina di pagine.
I referenti diocesani si sono incontrati alcune volte online e due volte in presenza a Roma: dal 18 al 19 marzo e dal 13 al 15 maggio.
Quest’ultimo appuntamento residenziale,
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con la partecipazione dei Vescovi rappresentanti delle Conferenze Episcopali Regionali, ha permesso di stendere una prima sintesi nazionale, detta “Testo di servizio”, articolata intorno a “dieci nuclei”; successivamente, durante la 76ª Assemblea Generale della CEI (23-27 maggio), alla quale hanno preso parte, nelle giornate del 24 e 25 maggio, 32 referenti diocesani, cioè due per ogni Regione ecclesiastica, si è ulteriormente riflettuto, in modo sinodale, arrivando a definire alcune priorità sulle quali concentrare il secondo anno di ascolto.
Quali le consegne di questo primo anno? Dalle sintesi diocesane, che andranno valorizzate nelle rispettive Chiese locali, ne emergono alcune: crescere nello stile sinodale e nella cura delle relazioni;
approfondire e integrare il metodo della conversazione spirituale; continuare l’ascolto anche rispetto ai “mondi” meno coinvolti nel primo anno; promuovere la corresponsabilità di tutti i battezzati; snellire le strutture per un annuncio più efficace del Vangelo.
Mentre confluivano le sintesi diocesane nel maggio 2022, l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania (Lc 10,38-42) si è profilato come icona per il secondo anno.
Parole come: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione...
sono risuonate continuamente nei gruppi sinodali e hanno disegnato il sogno di una Chiesa come “casa di Betania” aperta a tutti.
Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.
Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno.
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,38-42).
“Mentre erano in cammino”: la scena è dinamica, c’è un cammino insieme a Gesù (un “sinodo”).
Luca aveva indicato poco prima la composizione del gruppo che accompagnava il Maestro: “In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni” (Lc 8,1-3).
Questo gruppo che cammina con il Maestro è il primo nucleo della Chiesa: i Dodici e alcune donne che seguono il Signore lungo la via, peccatori e peccatrici che hanno il coraggio e l’umiltà di andargli dietro.
I discepoli e le discepole del Signore non percorrono itinerari alternativi, ma le stesse strade del mondo, per portare l’annuncio del Regno.
I discepoli sono “coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace” (LG 9): non un gruppo esclusivo, ma uomini e donne come gli altri, con uno sguardo però illuminato dalla fede nel Salvatore, che condividono “le gioie e le speranze,
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le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS 1).
Il primo anno della fase narrativa del Cammino sinodale ha rappresentato per molti questa esperienza discepolare di “strada” percorsa con Gesù.
Si sono create preziose sinergie tra le diverse vocazioni e componenti del popolo di Dio (laici, consacrati, vescovi, presbiteri, diaconi, ecc.), tra condizioni di vita e generazioni, tra varie competenze.
È unanime la richiesta di proseguire con lo stesso stile, trovando i modi per coinvolgere le persone rimaste ai margini del Cammino e mettersi in ascolto delle loro narrazioni.
È diventato sempre più chiaro che lo scopo non è tanto quello di produrre un nuovo documento – pure utile e necessario alla fine del percorso – ma quello di avviare una nuova esperienza di Chiesa.
Unanime è stato l’apprezzamento per il metodo della conversazione spirituale (nella prospettiva di Evangelii gaudium 51) a partire da piccoli gruppi disseminati sul territorio, così come per i frutti che questo ha consentito di raccogliere: una bella eredità da cui ripartire nel secondo anno.
L’ascolto della Parola di Dio e delle esperienze di vita, a cui segue quello delle risonanze interiori dei compagni di viaggio, crea quel clima di discernimento comunitario che evita logiche di contrapposizione o dibattiti superficiali, permette di ricercare una vera sintonia, lasciando risuonare la voce dello Spirito.
Questo metodo spirituale è capace di intercettare non solo il sensus fidei che ogni battezzato vive in proporzione alla profondità della sua adesione al Signore (cf. LG 12), ma anche il “frutto dello Spirito” in tutte le persone di buona volontà (cf. Gal 5,22).
Il discernimento sulle sintesi del primo anno di Cammino ha permesso di focalizzare l’ascolto del secondo anno lungo alcuni assi o cantieri sinodali, da adattare liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio.
Il carattere laboratoriale ed esperienziale dei cantieri potrà integrare il metodo della “conversazione spirituale” e aprire il Cammino sinodale anche a coloro che non sono stati coinvolti nel primo anno.
Quella del cantiere è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto ed esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per la successiva fase sapienziale.
I cantieri sinodali di seguito indicati rilanciano le priorità individuate per il secondo anno del Cammino.
È utile ribadire che questo resta un tempo di ascolto e non di letture sistematiche e di risposte pastorali, a cui saranno invece dedicate le successive fasi, sapienziale e profetica.
È certo un ascolto “orientato”, per poter raccogliere narrazioni utili a proseguire il cammino; un ascolto che si fa riflessione, in una circolarità feconda tra esperienza e pensiero che comincia ad acquisire gli strumenti con cui costruire le novità chieste dallo Spirito.
Alla base rimane il lavoro svolto durante il primo anno e la domanda fondamentale del Sinodo universale: “Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, cammina insieme: come questo ‘camminare insieme’ si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro ‘camminare insieme’?”.
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“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio”.
Gesù non evita i villaggi, ma insieme al gruppo dei discepoli e delle discepole li attraversa, incontrando persone di ogni condizione.
Sulle strade e nei villaggi il Signore ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i tipi – come se tutto il “mondo” fosse lì presente – e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità.
Si apre per noi il cantiere della strada e del villaggio, dove presteremo ascolto ai diversi “mondi” in cui i cristiani vivono e lavorano, cioè “camminano insieme” a tutti coloro che formano la società; in particolare occorrerà curare l’ascolto di quegli ambiti che spesso restano in silenzio o inascoltati: innanzitutto il vasto mondo delle povertà: indigenza, disagio, abbandono, fragilità, disabilità, forme di emarginazione, sfruttamento, esclusione o discriminazione (nella società come nella comunità cristiana), e poi gli ambienti della cultura (scuola, università e ricerca), delle religioni e delle fedi, delle arti e dello sport, dell’economia e finanza, del lavoro, dell’imprenditoria e delle professioni, dell’impegno politico e sociale, delle istituzioni civili e militari, del volontariato e del Terzo settore.
Sono spazi in cui la Chiesa vive e opera, attraverso l’azione personale e organizzata di tanti cristiani, e la fase narrativa non sarebbe completa se non ascoltasse anche la loro voce.
Papa Francesco insiste sulla necessità di porsi in ascolto profondo, vero e paziente di tutti coloro che desiderano dire qualcosa, in qualsiasi modo, alla Chiesa (cf. Omelia per l’apertura del Sinodo, 10 ottobre 2021).
Il Concilio Vaticano II, profezia dei tempi moderni e punto di riferimento per il Cammino, ha ricordato che la Chiesa non solo dà, ma anche riceve dal mondo (cf. GS 44-45).
Nella realizzazione di questo cantiere sinodale dovremo misurarci con la questione dei linguaggi, che in alcuni casi risultano difficili da decodificare per chi non li utilizza abitualmente: basta pensare ai codici comunicativi dei social e degli ambienti digitali abitati dai più giovani, o a quelli delle fratture prodotte dall’emarginazione.
Occorrerà, dunque, uno sforzo per rimodulare i linguaggi ecclesiali, per apprenderne di nuovi, per frequentare canali meno usuali e anche per adattare creativamente il metodo della “conversazione spirituale”, che non potrà essere applicato dovunque allo stesso modo e dovrà essere adattato per andare incontro a chi non frequenta le comunità cristiane.
In tal senso, sarà importante rafforzare e rendere stabile nel tempo l’ascolto dei giovani che il mondo della scuola e dell’università ha reso possibile, così da entrare in relazione con persone che altrimenti la Chiesa non incontrerebbe.
Camminando per le strade e i villaggi della Palestina, Gesù riusciva ad ascoltare tutti: dai dottori della legge ai lebbrosi, dai farisei ai pescatori, dai giudei osservanti ai samaritani e agli stranieri.
Dobbiamo farci suoi discepoli anche in questo, con l’aiuto dello Spirito.
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Domanda di fondo: come il nostro “camminare insieme” può creare spazi di ascolto reale della strada e del villaggio?
Bussola: Costituzioni “Sacrosanctum Concilium” e “Lumen Gentium” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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“Una donna, di nome Marta, lo ospitò” nella sua casa.
Il cammino richiede ogni tanto una sosta, desidera una casa, reclama dei volti.
Marta e Maria, amiche di Gesù, gli aprono la porta della loro dimora.
Anche Gesù aveva bisogno di una famiglia per sentirsi amato.
Le comunità cristiane attraggono quando sono ospitali, quando si configurano come “case di Betania”: nei primi secoli, e ancora oggi in tante parti del mondo dove i battezzati sono un “piccolo gregge”, l’esperienza cristiana ha una forma domestica e la comunità vive una fraternità stretta, una maternità accogliente e una paternità che orienta.
La dimensione domestica autentica non porta a chiudersi nel nido, a creare l’illusione di uno spazio protetto e inaccessibile in cui rifugiarsi.
La casa che sogniamo ha finestre ampie attraverso cui guardare e grandi porte da cui uscire per trasmettere quanto sperimentato all’interno – attenzione, prossimità, cura dei più fragili, dialogo – e da cui far entrare il mondo con i suoi interrogativi e le sue speranze.
Quella della casa va posta in relazione alle altre immagini di Chiesa: popolo, “ospedale da campo”, “minoranza creativa”, ecc.
Richiamandosi all’esperienza della pandemia, nel primo anno del Cammino sinodale, molti hanno evidenziato la fecondità della “casa” anche come “Chiesa domestica”, luogo di esperienza cristiana (ascolto della Parola di Dio, celebrazioni, servizio).
Emerge il desiderio poi di una Chiesa plasmata sul modello familiare (sia esso con figli, senza figli, monogenitoriale o unipersonale), capace di ritrovare ciò che la fonda e l’alimenta, meno assorbita dall’organizzazione e più impegnata nella relazione, meno presa dalla conservazione delle sue strutture e più appassionata nella proposta di percorsi accoglienti di tutte le differenze.
Il cantiere dell’ospitalità e della casa dovrà approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra una ricca esperienza di fraternità e una spinta alla missione che la conduce fuori.
Si interrogherà poi sulle strutture, perché siano poste al servizio della missione e non assorbano energie per il solo auto-mantenimento, e dovrà verificarne sostenibilità e funzionalità.
In un “cambiamento d’epoca” come il nostro (cf. Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa italiana, 10 novembre 2015), tale verifica dovrà includere l’impatto ambientale, cioè la partecipazione responsabile della comunità alla cura della casa comune (cf. Laudato si’).
Questo cantiere si può aprire anche sugli orizzonti del decentramento pastorale, per una presenza diffusa sul territorio, oltre che sulle strutture amministrative come le “unità pastorali” e simili.
Nell’ambito del cantiere sinodale si potrà poi rispondere alla richiesta, formulata da molti, di un’analisi e un rilancio degli organismi di partecipazione (specialmente i Consigli pastorali e degli affari economici), perché siano luoghi di autentico discernimento comunitario, di reale corresponsabilità, e non solo di dibattito e organizzazione.
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Domanda di fondo: come possiamo “camminare insieme” nella corresponsabilità?
Bussola: Costituzione “Gaudium et Spes” e decreto “Apostolicam Actuositatem” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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“Maria (...), seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.
Marta invece era distolta per i molti servizi”.
L’accoglienza delle due sorelle fa sentire a Gesù l’affetto, gli offre ristoro e ritempra il cuore e il corpo: il cuore con l’ascolto, il corpo con il servizio.
Marta e Maria non sono due figure contrapposte, ma due dimensioni dell’accoglienza, innestate l’una nell’altra in una relazione di reciprocità, in modo che l’ascolto sia il cuore del servizio e il servizio l’espressione dell’ascolto.
Gesù non critica il fatto che Marta svolga dei servizi, ma che li porti avanti ansiosamente e affannosamente, perché non li ha innestati nell’ascolto.
Un servizio che non parte dall’ascolto crea dispersione, preoccupazione e agitazione: è una rincorsa che rischia di lasciare sul terreno la gioia.
Papa Francesco ricorda in proposito che, qualche volta, le comunità cristiane sono affette da “martalismo”.
Quando invece il servizio si impernia sull’ascolto e prende le mosse dall’altro, allora gli concede tempo, ha il coraggio di sedersi per ricevere l’ospite e ascoltare la sua parola; è Maria per prima, cioè la dimensione dell’ascolto, ad accogliere Gesù, sia nei panni del Signore sia in quelli del viandante.
Il servizio necessita, dunque, di radicarsi nell’ascolto della parola del Maestro (“la parte migliore”, Lc 10,42): solo così si potranno intuire le vere attese, le speranze, i bisogni.
Imparare dall’ascolto degli altri è ciò che una Chiesa sinodale e discepolare è disposta a fare.
Si apre il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che focalizza l’ambito dei servizi e ministeri ecclesiali, per vincere l’affanno e radicare meglio l’azione nell’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli: è questo che può distinguere la diaconia cristiana dall’impegno professionale e umanitario.
Spesso la pesantezza nel servire, nelle comunità e nelle loro guide, nasce dalla logica del “si è sempre fatto così” (cf. Evangelii gaudium 33), dall’affastellarsi di cose da fare, dalle burocrazie ecclesiastiche e civili incombenti, trascurando inevitabilmente la centralità dell’ascolto e delle relazioni.
Il Cammino sinodale può far emergere questa fatica in un contesto nel quale si fa esperienza del suo antidoto: l’ascolto della Parola di Dio e l’ascolto reciproco, di cui molte sintesi hanno evidenziato una grande sete.
Il primo obiettivo di questo cantiere sarà, allora, quello di riconnettere la diaconia con la sua radice spirituale, per vivere la “fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano” (Evangelii gaudium 92).
Si incroceranno, inoltre, le questioni legate alla formazione dei laici, dei ministri ordinati, di consacrate e consacrati; le ministerialità istituite, le altre vocazioni e i servizi ecclesiali innestati nella comune vocazione battesimale del popolo di Dio “sacerdotale, profetico e regale”.
La centralità delle figure di Marta e Maria richiama poi esplicitamente il tema della corresponsabilità femminile all’interno della comunità cristiana.
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Domanda di fondo: come possiamo “camminare insieme” nel riscoprire la radice spirituale (“la parte migliore”) del nostro servizio?
Bussola: Costituzione “Dei Verbum” e decreti “Presbyterorum Ordinis” e “Perfectae Caritatis” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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In vista della realizzazione di questi cantieri, durante l’estate 2022, attraverso il sito dedicato ( https://camminosinodale. chiesacattolica.it/ ), verranno messe a disposizione esperienze e buone pratiche come doni reciproci tra le Chiese locali, secondo il metodo praticato nel Convegno Ecclesiale di Firenze del 2015 e nella Settimana Sociale di Taranto del 2021.
Si potranno così trovare spunti utili per la costruzione dei cantieri.
A questo scopo, ogni Chiesa locale è invitata ad inviare alla mail camminosinodale @chiesacattolica.it una o due “buone pratiche” (scheda, video, audio o altro).
Si studierà poi come formare gli operatori pastorali all’animazione dei cantieri sinodali, specialmente di quelli della strada e del villaggio, per fornire strumenti utili a mettersi in ascolto attivo dei loro linguaggi.
Per l’inizio di settembre verrà inoltre predisposto dal Gruppo di coordinamento nazionale un piccolo sussidio metodologico per favorire la costruzione dei cantieri sinodali.
Ogni Chiesa locale ha poi la possibilità di individuare un quarto cantiere, valorizzando una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco.
È importante tenere come orizzonte, per l’intero arco del Cammino sinodale, la celebrazione eucaristica quale paradigma della sinodalità.
Nella casa di Betania Gesù sedeva a mensa insieme a Marta, Maria e Lazzaro.
Nel settembre 2022 il Congresso Eucaristico Nazionale di Matera metterà in luce questa profonda connessione: nel rito eucaristico si concentrano, in forma simbolica, tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana, ovvero il cammino che convoca i discepoli in assemblea, l’ascolto della Parola di Dio, la risposta comunitaria a questa Parola, l’accoglienza del dono del corpo e sangue di Gesù, la comunione con Lui che rende i fedeli “un solo corpo”, l’invio in missione e il ritorno nelle proprie case per vivere il quotidiano.
La diversità e l’armonia dei compiti e dei servizi, nel contesto dell’assemblea celebrante presieduta dal ministro, sono lo specchio della Chiesa “sinodale”, popolo di Dio in cammino sotto la guida del Signore.
Approvato dal Consiglio Episcopale Permanente riunito in videoconferenza il 5 luglio 2022
Venerdì 20 maggio, ad Altavilla, nel corso dell’assemblea con i capigruppo del Cammino sinodale, con i sacerdoti e il Consiglio pastorale, è stata presentata la sintesi con i contributi di 220 gruppi sinodali raccolti in diocesi, insieme al centinaio di risposte arrivate tramite il questionario diffuso sui siti di Gazzetta d’Alba e della diocesi.
Anna Maria Tibaldi e Battista Galvagno hanno illustrato i contenuti emersi dalla consultazione del mondo ecclesiale e non: la Chiesa albese, come tutta la Chiesa italiana, in questa prima fase del cammino sinodale si è messa in ascolto, senza alcun pregiudizio o giudizio di valore, Accogliendo valutazioni, proposte e stati d’animo del popolo di Dio.
Ora, i gruppi sinodali torneranno a ritrovarsi per indicare su quali punti fin qui emersi occorre approfondire e privilegiare l’attenzione di tutti.
Quello che si sta costruendo non è un documento calato dall’alto, dalla gerarchia ecclesiastica: si tratta piuttosto di un’occasione unica, nella Chiesa, per dare come cristiani e persone di buona volontà, il proprio contributo, sicché la nostra presenza e partecipazione diventa già di per sé il documento più importante, la testimonianza di una comunione e ricerca della verità faticosa ma condivisa.
Nella sua introduzione (vedi testo già pubblicato), il vescovo monsignor Brunetti ha tra l’altro comunicato che proprio lui e Anna Maria Tibaldi sono stati indicati dalla Conferenza episcopale piemontese a rappresentare la nostra circoscrizione ecclesiastica presso la Cei a Roma nei lavori sul Cammino sinodale a livello nazionale.
Di seguito diamo il testo integrale con la sintesi finale dei gruppi sinodali:
Rilettura Varietà dei contributi Primi frutti Discernimento Situazione Ascoltare Ripartire Giovani Celebrare Catechesi Dialogo Nodi al pettine Prospettive Comunità e relazioni Parola Orizzonte ContinuareRilettura dell’esperienza sinodale
Il Cammino Sinodale della Diocesi di Alba è iniziato il 16 ottobre con una convocazione di circa 250 persone rappresentative di tutta la Diocesi, riunite per una riflessione introduttiva a gruppi su macro aree sul Sinodo, e conclusa con una solenne celebrazione presieduta dal Vescovo, al termine della quale ha consegnato a tutti la lettera pastorale “Camminiamo con Gesù” – Orientamenti per il Cammino sinodale diocesano.
È seguito un tempo preparatorio fino a dicembre, con la diffusione di materiale dedicato e incontri nelle Vicarie e nelle Parrocchie per presentare le tematiche e la novità stessa del Sinodo e gli atteggiamenti con cui viverlo.
I Gruppi sinodali hanno lavorato soprattutto nei mesi di Gennaio, Febbraio e Marzo, con la costituzione di circa 220 gruppi e con un centinaio di interventi individuali di varia lunghezza e spessore.
La riflessione e il confronto si sono sviluppati con una certa difficoltà, per le restrizioni dovute al Covid e per una lentezza organizzativa da parte di molte comunità.
Di conseguenza il tempo è stato relativamente poco: la maggior parte dei contributi sono arrivati nelle ultime settimane.
Per molti è stato utile e stimolante l’intervento in gennaio di Mons.
Erio Castellucci.
Dopo quella serata, l’attività sinodale ha avuto un significativo balzo in avanti.
Sulle questioni sinodali si sono espressi il Consiglio Presbiterale Diocesano, il Consiglio Pastorale Diocesano, tutti gli Uffici, i diaconi e le Religiose.
Sono giunti alla Segreteria diocesana contributi da quasi tutte le Parrocchie e Unità pastorali: ciò attesta una buona partecipazione ecclesiale dove emerge la presa di coscienza e il desiderio di confronto sulla vita di fede e la situazione dei credenti e della Chiesa nel mondo attuale.
Gli interventi appaiono animati da uno spirito ecclesiale costruttivo, dal desiderio di riflettere e di contribuire al cammino della Chiesa, di parlare con nuova libertà e responsabilità.
La gran parte dei contributi parrocchiali proviene dai paesi.
Più ridotta è stata in proporzione quella delle Parrocchie della città.
Si sono attivate le riflessioni dei Consigli Pastorali nella quasi totalità delle parrocchie o Unità pastorali.
Notevole è anche il numero degli interventi dei gruppi di catechisti Parrocchiali.
Sempre a livello Parrocchiale sono giunti alcuni contributi di gruppi giovanili.
Vengono poi un discreto numero di contributi di gruppi collegati agli Uffici Pastorali diocesani (Caritas, Lavoro, Scuola, Salute, Migrantes, Uffici Missionario e Catechistico).
Numerosi anche gli interventi di Gruppi biblici o di riflessione sul Vangelo.
Altri contributi sono giunti da Associazioni e Movimenti di ispirazione cattolica (ACI, AGESCI, ACLI, CSI, GAM, Adorazione e Vita, Rinnovamento nello Spirito).
Anche le Religiose hanno inviato diversi contributi.
Alcune associazioni di base di ispirazione cristiana hanno inviato le loro riflessioni: Insieme, Il campo, Resurrexit, S.
Paolo.
È da rimarcare inoltre la grande partecipazione dei ragazzi, delle Scuole di ogni ordine – Infanzia, Primarie e Secondarie di Primo e Secondo Grado – grazie in particolare all’impegno dei docenti di religione che, in qualche caso, hanno raccolto anche interventi dei colleghi.
Possiamo dire che vi è stato un coinvolgimento quasi totale delle scuole Primarie; le Scuole Medie e le Scuole superiori sono state presenti nella totalità, almeno con alcune classi.
Anche diversi gruppi di anziani e delle Case di Riposo hanno voluto partecipare e contribuire.
Si può dunque osservare che la partecipazione è stata in gran parte di gruppi legati o vicino alla Chiesa, con uno scarso coinvolgimento delle realtà e delle persone estranee alle comunità ecclesiali.
Il difficile coinvolgimento di realtà esterne fa pensare a una distanza che si sta ampliando.
Molti contributi fanno notare che, anche se c’è una popolazione nella stragrande maggioranza battezzata, tante persone paiono essersi silenziosamente allontanate, e non sembrano sempre interessate a motivare la loro scelta o il loro disinteresse, né a dare un giudizio sulla realtà abbandonata.
Significativi, soprattutto in ambito studentesco e online, gli interventi di credenti ortodossi.
I principali contributi esterni sono giunti dal Questionario online proposto dal settimanale Gazzetta d’Alba.
*Un centinaio di interventi con brevi risposte: circa metà da persone credenti con un giudizio fondamentalmente positivo sulla Chiesa, e per l’altra metà da persone che si definiscono non credenti (o diversamente credenti) o non praticanti.
Dalla lettura degli interventi si evidenzia che è rimasto un fondo di formazione cristiana generale che, pur se affievolito o segnato da eventi negativi, ha spinto a scrivere ed esprimere pareri e valutazioni.
Con uno sguardo riassuntivo del materiale pervenuto, possiamo dire che, dal punto di vista anagrafico, i contributi hanno coperto tutto l’arco della vita: dai bambini della scuola materna, ai giovani, alle famiglie, agli anziani.
Il cammino sinodale ha donato stimoli per uscire dalla passività e dalla rassegnazione, dalla rigidità verticistica, per una presa di coscienza e di corresponsabilità del popolo cristiano; ha costituito un’esperienza di superamento del ‘modello piramidale’ di Chiesa.
Un primo frutto del cammino sinodale è stato quello di avere sollecitato le comunità cristiane a intervenire con più esplicita coscienza dei problemi e delle difficoltà in cui vivono le nostre Chiese nel mondo contemporaneo; ha permesso una larga partecipazione popolare dei credenti, ha dato la parola a tanti laici, ha destato speranze e desideri di contribuire al rinnovamento della Chiesa e della fede; ha offerto suggestioni e prime proposte per un cammino ecclesiale rinnovato e più comunitario.
Discernimento dei contributi
Risulta impossibile condensare in una decina di pagine gli oltre 200 contributi e i 100 interventi on line per un totale di più di 500 pagine.
Non è stato facile ascoltare tutte le voci, anche perché estremamente diversificate sia a livello di analisi che di proposte.1
Salta immediatamente agli occhi l’enorme differenza di sensibilità tra chi chiede direttive chiare in materia di dottrina, morale e sacramenti e chi chiede più libertà di opinione e di iniziativa e nuove aperture sulle tematiche morali e del ministero.
Ancora più marcata la diversa sensibilità dei gruppi ecclesiali e del mondo dei praticanti occasionali.
È relativamente facile ascoltare tutte le voci: sarà difficile offrire risposte appropriate.
Come già rilevato in premessa, la maggioranza degli interventi, anche di chi si è allontanato, si concentra su questioni interne alla Chiesa.
La vita delle nostre comunità è stata passata al setaccio e sono emersi prima di tutto i difetti.
Situazione della Chiesa oggi: come è vista la Chiesa in generale?
È molto vivo un disagio complessivo.
Esiste ancora un buon senso di appartenenza da parte dei praticanti anziani, ma emerge in modo diffuso l’impressione di una Chiesa ‘istituzionale’ percepita come appesantita, invecchiata, culturalmente in ritardo nell’affrontare la mentalità e la cultura contemporanea, dal linguaggio obsoleto, segnata da rigidità e scarsa apertura.
L’anacronismo, sottolineato da molte voci, è particolarmente evidente nell’ambito della morale sessuale e della difficoltà ad accettare persone con orientamento sessuale diverso.
Tutto ciò indebolisce la capacità di testimonianza nel mondo d’oggi e la forza della comunicazione, accentuata dalla estrema varietà di posizioni interne alla Chiesa.
Emerge una Chiesa che ascolta poco ed è poco capace di ascoltare: di qui gli appelli di molti gruppi sinodali a trovare vie per rinnovare la testimonianza cristiana e una spiritualità attenta al quotidiano.
Una Chiesa giudicata per lo più accogliente da chi partecipa, ma poco o nulla accogliente per chi ne è fuori, vissuta come escludente per chi è in situazioni ‘irregolari’ o di diverso orientamento sessuale.
Tali giudizi sono più accentuati a livello giovanile da cui essa è giudicata spesso anacronistica, non interessante, superata, anche se emergono apprezzamenti per momenti comunitari ed esperienze positive di vita nell’infanzia e adolescenza.
Di qui il disinteresse e l’allontanamento – a tratti affiorano anche polemiche pregiudiziali (sfoggio di vestiti, attaccamento ai soldi, ricchezze…).
È sentita come una Chiesa che impone obblighi, giudicante, rigida su temi morali e sull’accesso ai sacramenti.
In positivo è apprezzata come luogo di incontro, di relazioni, di esperienze comunitarie, e anche per gli spazi di pace o di silenzio che parecchie persone trovano in essa.
Ascoltare: la vita delle comunità cristiane
Il cammino delle nostre comunità è stato analizzato ampiamente, con molti rilievi e osservazioni:
La nostra è una Chiesa di vecchi, poco appetibile per bambini e giovani.
C’è una generale insofferenza verso il paternalismo e il moralismo.
C’è un senso di comunità molto debole: ci sono gruppi che lavorano a compartimenti-stagni, con scarsa comunicazione tra loro.
D’altro canto far parte di un gruppo è quasi l’unico modo di far parte della comunità.
Per il resto, la comunità non è qualcosa di vissuto, non è reale: rimane un insieme di rapporti superficiali che trovano un momento comune solo durante la Messa domenicale.
Raramente la Parrocchia è vista come luogo aperto a gruppi, incontri e relazioni.
Il ruolo dei preti/parroci è spesso limitato alla liturgia, meglio ancora alla Messa, ma le celebrazioni sono in genere noiose, con un linguaggio desueto e incomprensibile
Spesso i sacerdoti non hanno tempo, hanno fretta, sono presi da molte incombenze burocratiche.
*Si vorrebbe un parroco più pastore e guida spirituale, che intesse relazioni con le famiglie e le persone, capace di rispondere ai nuovi bisogni di spiritualità.
È forte la richiesta di liberarlo dai molteplici impegni burocratici e istituzionali, sia delegando ai Consigli, a laici preparati, sia dando la rappresentanza legale della parrocchia a laici per la parte economica e gestionale.
Le parrocchie tendono a modellarsi sulla figura del parroco: questi, visto più come un burocrate che come un pastore, ha ancora il concreto “potere” a volte di stravolgere completamente la comunità in cui arriva.
Di qui la richiesta di coinvolgere le comunità in relazione ad accorpamenti tra parrocchie, unità pastorali, trasferimenti di parroci.
È necessario ripensare il ruolo del prete: un prete non può stare da solo.
Anche là dove non ci sono devianze o drammi di solitudine, uno stile di vita “monastico” non esprime il senso di Chiesa, non incarna lo stile di vita di Gesù e non è per nulla appetibile ai giovani.
La gente ha bisogno di un pastore che cammini insieme, non di un comandante solitario.
Le comunità dovrebbero diventare realtà autonome, in cui il prete si inserisce per affiancare il cammino e offrire il servizio del suo ministero.
Andrebbero apprezzate e sostenute le piccole comunità.
Chiaramente questo impone un ripensamento radicale del cammino di formazione e del ruolo del Seminario.
Diversi gruppi auspicano il superamento della separazione tra clero/consacrati e laici, andando oltre la struttura gerarchica attuale e la concezione ‘piramidale’ della chiesa, con la costruzione di rapporti più fraterni e la scelta e formazione di persone incaricate dei servizi e ministeri da parte delle comunità.
C’è una generale diffusa insofferenza sui meccanismi di selezione per l’ammissione ai sacramenti: gli “appelli” e le “firme di presenza” sono subiti come un sopruso e rischiano di cancellare il messaggio di Grazia dei sacramenti stessi.
Nella comunità ecclesiale, la presenza femminile è maggioritaria, ma le donne non hanno ruoli riconosciuti, a parte i ministri straordinari dell’Eucarestia.
Massiccia è la richiesta di dare il giusto spazio alle donne e dunque la necessità di ripensare i ministeri e di pensare seriamente al diaconato femminile.
Anche il posto delle Religiose chiede di essere riconosciuto e valorizzato, e non apprezzato solo per l’aiuto nell’attività pastorale (‘manovalanza’).
Ripartire dalla Parola
Una comunità non può costituirsi se non attorno alla Parola: ecco la necessità di tornare alla Parola, di formare persone in grado di capire e spiegare la Bibbia.
Moltissimi gruppi chiedono più Bibbia, vorrebbero la formazione di gruppi sulla Parola; lamentano che questa “non parla” e non illumina la vita e le situazioni storiche, perché non viene spiegata e non è possibile farlo adeguatamente durante l’omelia.
Ripartire dai giovani
L’assenza dei giovani, il loro abbandono generalizzato della partecipazione specie dopo la Cresima, è sentito con preoccupazione in tutte le comunità Parrocchiali.
Viene invocata genericamente più attenzione, più apertura di proposte e attività per loro; ricerca di vie di coinvolgimento in Parrocchia.
Si sottolinea che senza di loro il futuro delle comunità e della fede sarà sempre più problematico.
È sempre più difficile per gli adolescenti trovare persone disponibili ad ascoltare le loro problematiche, capaci di capire e di rispondere.
Le parrocchie si trovano con Parroci anziani e in difficoltà a formare educatori.
Da parte loro, i giovani lamentano che non hanno spazi dedicati – è assurdo pretendere che siano presenti ad attività i cui organizzatori e partecipanti sono tutti adulti: spesso i loro padri o i loro nonni!
Generalmente i giovani non si sentono ascoltati, capiti e meno ancora responsabilizzati: per questo se ne stanno fuori e frequentano altri ambienti.
La liturgia “non parla”, la Chiesa non interessa né coinvolge.
Dalle riflessioni delle Scuole Superiori e anche della scuola Media, emerge la percezione di una Chiesa come ambiente chiuso e lontano, fuori del tempo, con uno stile paternalistico e moralistico, maschilista e patriarcale, che non affronta la questione femminile e propone una morale sessuale fuori tempo e lontana dalla vita delle persone.
Una parte non piccola di studenti della scuola Superiore si professa dichiaratamente atea, la maggioranza oscilla tra agnosticismo e credenza senza più pratica religiosa, solo una minoranza si professa credente e praticante.
Una parte significativa però ripensa e ricorda con nostalgia l’ambito comunitario e relazionale sperimentato nella realtà ecclesiale, in special modo nei campi scuola, quasi un lontano ricordo di gioventù (e hanno al massimo 18/19 anni!).
Praticamente tutti hanno ricevuto Battesimo e Prima Comunione e in maggioranza la Cresima.
Il riferimento ecclesiale rimane essenzialmente la celebrazione eucaristica (“la messa”), ritenuta non tanto il centro della propria fede (presente o passata), ma sostanzialmente l’unico legame con quella Chiesa vista esternamente come gerarchia (“il prete”) e valutata essenzialmente solo su quel parametro: prete bravo, prete noioso, prete arretrato, prete indisponente.
La preghiera, soprattutto nella percezione dei più giovani, viene abitualmente associata alla richiesta di “grazie” o al ricordo-suffragio dei defunti.
Per i ragazzi e i giovani è molto difficile capire il meccanismo delle “offerte” e, più in generale, la gestione economica delle comunità: di qui la facile accusa ai preti di essere legati ai soldi.
La catechesi (“il catechismo”) è ricordata come essenzialmente nozionistica, tranne rari casi, quindi terminata “per fortuna” con la Cresima, anche se quasi tutti ricordano bene le catechiste (donne per la maggior parte) dal punto di vista umano e i bei momenti di socializzazione vissuti.
Dei contenuti dottrinali non rimane quasi nulla.
La Chiesa Cattolica, tranne pochi casi, sostanzialmente non interessa né come istituzione né come luogo di condivisione di fede: interessava da “piccoli” come luogo di ritrovo, di gioco e di relazioni, oggi come adolescenti e giovani ci si ritrova per lo più in altri luoghi più adatti all’età, più aperti e meno vincolati all’aspetto confessionale.
Permangono e sono apprezzati i movimenti e le associazioni: per alcuni, gli scout e l’Azione Cattolica, come ambiti legati alla Chiesa, ma ritenuti aperti e liberi e, per una minoranza, i gruppi giovanili parrocchiali.
C’è un certo desiderio di trovare gruppi e luoghi di incontro.
Da parte di molti studenti emerge implicitamente o a volte anche esplicitamente una ricerca personale anche in campo religioso, più libera e variegata del passato, ma anche più incerta e indeterminata.
Celebrare: la Liturgia
La liturgia si identifica con la Messa, che per molti è ormai l’unica forma di preghiera comunitaria e spesso anche personale.
Manca uno sviluppo di altre forme di preghiera.
Le omelie sono un punto dolente: pochissimi gli apprezzamenti; quasi tutti gli interventi sono negativi.
Gli aggettivi più ricorrenti sono: non preparate, troppo lunghe, astratte.
La liturgia ormai non parla più, in particolare ai giovani: le nostre celebrazioni usano un linguaggio desueto e non sono capaci di coinvolgere l’assemblea.
Più voci chiedono un coinvolgimento dei laici, almeno in fase di preparazione.
Oltretutto questi incontri si trasformerebbero automaticamente in momenti di formazione.
La liturgia non riesce a proporre una spiritualità che animi il quotidiano, ma solo ad accompagnare i momenti di passaggio.
Prendere la parola: la Catechesi
È finalizzata quasi solo ai sacramenti, non alla preparazione di coscienze cristiane, di testimoni del Vangelo nei vari ambienti di vita.
Spesso resta dottrinale e vuota, anche se per alcuni le certezze dottrinali sono essenziali.
I contributi dei gruppi di catechisti mostrano fiducia e speranza di rinnovata ripresa, accanto al desiderio di formazione; in qualche caso segnalano anche sperimentazioni efficaci e originali, incentrate su esperienze che coinvolgono i ragazzi attraverso l’arte, il teatro, la musica, l’attualizzazione della Parola.
Alcune comunità sentono il problema dell’invecchiamento dei catechisti e della riduzione del loro numero.
Il catechismo assorbe molte energie delle nostre comunità.
Ci sono voci che parlano di tempo ed energie “buttate”, considerando i frutti a lungo termine.
Ma altre voci sottolineano che la catechesi è un momento di semina e spesso chi semina non può pretendere di raccogliere i frutti.
Molto discusso il rapporto tra catechesi e sacramenti e, più in generale, tra fede e sacramenti.
Questi devono essere considerati un dono gratuito o una sorta di “diploma di maturità”, conseguito al termine di un “percorso di studi regolari”?
Dialogare nella Chiesa e nella società: la Testimonianza
La religione appare in generale come totalmente distaccata dalla vita, un mondo a sé.
Troppo spesso la Chiesa non ha addentellati o influenze sulla vita: non è per nulla interessante, perché arretrata, anacronistica, troppo appiattita sulla figura del parroco.
I battezzati non sono quasi mai una voce critica sui temi del lavoro, dell’economia, della pace, della politica.
C’è carenza di forza profetica in questi campi da parte della Chiesa; si auspica che il Papa non resti così isolato nelle sue indicazioni sulla vita sociale e politica, sugli stili di vita.
La Chiesa deve avere una voce libera davanti ai poteri economici, politici e massmediatici.
Si avverte la mancanza, e lo si chiede da parte dei laici impegnati, di una spiritualità che sostenga l’impegno nel mondo sociale e del lavoro, che aiuti a ricomporre il legame tra la fede e la vita.
C’è infine il vasto mondo del volontariato (Caritas, assistenza agli anziani, gruppi di solidarietà) la cui presenza all’interno delle nostre comunità è essenziale e imprescindibile.
Lo sforzo di accoglienza attraverso i gruppi Caritas, che cercano la collaborazione con le istituzioni, non sempre viene riconosciuto e valorizzato dalla intera comunità parrocchiale.
Alcuni, soprattutto tra gli anziani, si sentono accolti e partecipi, anche se non sempre ci sono gli spazi dedicati; altri lamentano difficoltà di accoglienza e mancanza di tempo a partecipare.
Tutto questo apre di fronte a noi una serie di alternative epocali, probabilmente quelle che hanno spinto Papa Francesco a sollecitare l’indizione di questo Sinodo.
Ricordiamo che fin dall’inizio del suo pontificato ha cercato di svegliare le nostre coscienze ricordandoci che non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca.
Un cambiamento d’epoca chiede cambiamenti epocali: non è pensabile limitarsi a migliorare o aggiustare l’esistente per salvare il salvabile, anche perché in molti casi c’è ormai ben poco da salvare: pensiamo – per citare i termometri più facili da consultare – alla presenza abituale all’Eucarestia domenicale, al calo della richiesta del sacramento del matrimonio.
Emerge con chiarezza la percezione del cristianesimo come relazione, più che come dottrina e insieme di riti e pratiche liturgiche.
È significativo il ricordo-desiderio positivo di momenti di socializzazione come i campi scuola e la generale richiesta che la parrocchia sia un luogo di relazione.
È evidente che per essere tale, dovrà essere gestita non da preti con l’età dei nonni, ma da laici!
Si scivola sempre più nell’insignificanza del fatto religioso per la vita e nell’indifferenza sul piano personale ed esistenziale.
La maggioranza dei battezzati è ormai indifferente alla Chiesa, ai suoi richiami, ai suoi appuntamenti, ai suoi rituali.
La gente non chiede più alla Chiesa la direzione di fondo da dare alla propria vita, chiede solo sporadici interventi in occasione dei “riti di passaggio”: un supplemento di festa in occasione di nascita, crescita (Prima Comunione e Cresima), matrimonio; un po’ di consolazione di fronte alla morte.
È sempre più evidente che siamo di fronte non alla prima ma certamente alla “seconda generazione incredula”: per i bambini, la religione, in particolare la pratica liturgica è tipica dei nonni!
La capacità della nostra Chiesa di incidere a livello culturale e ancor più in ambito morale e sui comportamenti individuali è bassissima: pensiamo alla morale sessuale.
Nel mondo studentesco risultano ormai assenti le annotazioni polemiche contro quelli che fino a poco tempo fa erano “cavalli di battaglia”: rapporti sessuali prematrimoniali, contraccezione.
Ormai c’è uniformità di comportamenti che non conosce confini tra credenti e non credenti.
Permangono luoghi comuni che non hanno nessun legame con la realtà: si pensi alla presunta “ricchezza” della chiesa: almeno nella nostra realtà le parrocchie incontrano crescenti difficoltà economiche a garantire la manutenzione ordinaria degli immobili e il riscaldamento degli edifici adibiti al culto!
C’è chi ha parlato di “gestione del rifiuto”, considerando che l’evangelizzazione può considerarsi in qualche modo “conclusa”, nel senso che un primo annuncio di Vangelo avviene ed è avvenuto con tutti i mezzi a disposizione, dall’annuncio in famiglia all’utilizzo dei momenti importanti nella vita (nascita, morte, inizio della vita familiare, tappe della vita infantile e adolescenziale), dall’utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale alla presenza in Internet.
Il risultato di tutto ciò sarebbe che la maggior parte della popolazione italiana ed occidentale sta allontanandosi da questa proposta di vita e si rifiuta di fare del Vangelo il punto di riferimento della sua esistenza.
Altri hanno parlato criticamente di una Chiesa ridotta ad “agenzia di intrattenimento folcloristico”, che gestisce una religione non più cristiana in tessuto sociale materialistico e in una società pagana, con i suoi idoli, tra cui non può mancare “un po’ di religione”, ma senza esagerare, perché non deve disturbare!
Prospettive di cammino
L’insieme dei contributi del popolo di Dio indica alcune grandi aree su cui camminare per aprire spazi di futuro.
Comunità e Relazioni:
Una Chiesa comunità che sia accogliente, con un primato di relazioni fraterne, articolata in piccole comunità e gruppi, con predilezione verso i giovani, le persone in situazioni difficili sotto i vari aspetti (economici, di emarginazione sociale) e le situazioni cosiddette irregolari o di diverso orientamento sessuale (la coscienza della gente è più avanti della Chiesa!) Superamento del modello piramidale per quello circolare e fraterno
Comunicazione: rinnovamento dei linguaggi e dei contenuti
Comunicare un’immagine rinnovata della Chiesa, nei gesti, parole, presenza, che parli al cuore e all’intelligenza degli uomini d’oggi:
Rinnovamento a livello teologico, passando dall’idea di un Dio giudice a quella evangelica di un Padre misericordioso, – o con un ripensamento più complessivo del messaggio cristiano e della sua comunicazione (per esempio, il rapporto con i dati delle scienze biologiche, psicologiche; coi temi del sacrificio o della ricomprensione della redenzione e salvezza; dei temi morali della sessualità, dei rapporti con i credenti di altre confessioni e religioni).
Nuova attenzione alle forme della comunicazione digitale.
Rinnovamento a livello catechistico, passando da una formazione finalizzata ai sacramenti ad una formazione mirante alla maturazione di coscienze adulte e capaci di testimonianza.
Valorizzare gli anziani, soprattutto nella loro capacità di narrazione; promuovere le relazioni intergenerazionali nella trasmissione della fede.
Rinnovamento a livello liturgico, passando dalla rigidità del rito a forme di creatività e di adattamento all’età dei partecipanti e ai problemi della comunità, con possibilità di sperimentare diversi modi di celebrare.
Limitata a poche voci, ma molto forte la richiesta di una Chiesa più profetica sul piano politico e sociale, una Chiesa capace di essere voce critica del potere e di ogni forma di ingiustizia.
Occorre dare nuova centralità alla Parola attraverso gruppi biblici, luoghi di confronto con la Scrittura, esperienze di lectio divina finalizzate a formare adulti testimoni e coscienze critiche.
Giovani e famiglie giovani
Testimoniare una Chiesa che dia spazio ai giovani, schierandosi accanto a loro per costruire il loro futuro.
Favorire la nascita di gruppi nelle Parrocchie e nelle Vicarie con un nucleo di educatori/animatori preparati.
Attenzione alle famiglie giovani, nei passaggi significativi della loro vita e anche con una migliore continuità di relazioni con esse.
Rinnovata ministerialità nella Chiesa
Superare la figura di Chiesa incentrata sul prete; coinvolgere maggiormente le comunità nelle scelte e decisioni pastorali.
Rivedere la formazione seminaristica, superando l’idea del ministro come separato dalla comunità, e anche provando ad andare oltre l’attuale modello celibatario.
Quasi corale la proposta di una reale parità uomo-donna.
L’esclusione della donna dai ministeri e anche dal diaconato e dal presbiterato appare anacronistica per la coscienza della gente di oggi.
Ci viene offerto da Papa Francesco con la sua antropologia: l’uomo come poliedro e come spirale.
L’immagine del poliedro,
al n.236 dell’Evangelii gaudium,
Il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro.
Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità.
Sia l’azione pastorale sia l’azione politica cercano di raccogliere in tale poliedro il meglio di ciascuno.
Lì sono inseriti i poveri, con la loro cultura, i loro progetti e le loro proprie potenzialità.
Persino le persone che possono essere criticate per i loro errori, hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto.
È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti.
(236 Evangelii gaudium)
è una prima efficace espressione del mistero della persona umana: “Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità.
Sia l’azione pastorale che l’azione politica cercano di raccogliere in tale poliedro il meglio di ciascuno”.
È evidente la portata socio-culturale ed ecclesiale dell’immagine del poliedro: tutte le facce sono importanti; tutti devono offrire il loro apporto.
Nella Fratelli tutti troviamo la seconda immagine: la spirale della fraternità.
“La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza… Non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a se stessi e di vivere come isole”
(F.T.87).
La vita è relazione.
Entrare nella logica della spirale della fraternità significa imparare a lavorare insieme, mettendo la propria diversità a servizio del progetto comune, del bene comune.
Questo rende prezioso e in qualche modo insostituibile ogni apporto.
La “Chiesa in uscita” raccomandata tante volte da Papa Francesco è ancora in gran parte da inventare e da attuare.
1 Può essere utile in proposito fare riferimento all’inchiesta svolta già 50 anni fa in Francia da Le Bras e Boulard, in cui i due sociologi avevano individuato 5 livelli di adesione alla Chiesa.
Per noi i livelli sono diventati almeno 6:
I “separati”: battezzati che hanno rotto ogni legame con essa.
I “conformisti stagionali”: vanno in chiesa solo per i riti di passaggio (nascita, nozze, morte).
I “praticanti irregolari”, con una frequenza limitata a Natale, Pasqua, festa patronale.
I “praticanti regolari”: a Messa quasi ogni domenica a patto che la fede non tocchi la vita.
I “devoti”, con una partecipazione regolare alla Messa e una intensa vita di preghiera.
I “responsabili”, che hanno a cuore la vita della comunità e si spendono per essa.
Ognuna di queste categorie di persone propone un’analisi della realtà diversa, chiede cose diverse e necessita di una pastorale diversa.
È evidente che una parrocchia, per di più con la carenza di preti di cui soffre in questo momento, non è in grado di offrire una risposta a tutte le domande.
Saranno necessarie molta creatività e molta flessibilità sul piano pastorale.
MOLTI PERÒ NON SONO PIU’ DISPOSTI A FARE SACRIFICI, L’ORARIO NON É IL PROBLEMA PRINCIPALE, CHI VUOLE RECARSI ALLA FUNZIONE CERCA SOLUZIONI.
Verbale in preparazione
Cosa significa?
Scheda per “Gruppi Sinodali “- INDICAZIONI di massima:
Per gruppo sinodale s’intende:
Possono essere utili anche queste indicazioni nazionali tratte da “Indicazioni metodologiche per diocesi, parrocchie e referenti nel primo anno del Cammino sinodale (2021/2022)” che con altro materiale per le SCHEDE di Lavoro si trova su:
www.camminosinodale.net“Per la conduzione degli incontri di consultazione,
l’Appendice B (pag.50)
Vademecum del Sinodo universalepropone di assumere lo stile della Conversazione spirituale.
In sintonia con questa prospettiva si propone di seguito una Mappa di riferimento per la conduzione, che logicamente può essere adattata e modificata a seconda dei casi.
Questa mappa contiene 5 regole d’oro e 6 passaggi ideali:
Regola 1.
Essere neutri ma empatici.
Il coordinatore risponde, se ritiene, alle domande del gruppo ma rinuncia a commentare per custodire la libertà di parola per tutti.
Ma neutri non significa freddi.
La condizione per ascoltare in profondità è di entrare in empatia con quanto viene detto.
Regola 2.
Non aver paura dei silenzi, anzi ogni tanto proporli.
Come sul rigo musicale, gli spazi di silenzio mettono in risalto le note.
Se il coordinatore non teme il silenzio, i membri del gruppo impareranno ad ascoltare.
Regola 3.
Non procedere mai per dibattito, ma per accostamento di prospettive.
Un gruppo di ascolto sinodale non è un talk show o un dibattito televisivo, dove ognuno cerca di sovrapporsi alla parola degli altri.
Il discernimento è frutto di un consenso che nasce dall’ascoltare tutti con rispetto.
Regola 4.
Frenare delicatamente i chiacchieroni, incoraggiare chi parla poco.
Se un intervento tende a prolungarsi il coordinatore riassume il pensiero di chi parla (“stai dicendo questo”) e dà la parola a un altro (“tu cosa pensi”).
Regola 5.
Il coordinatore scommette sulle risorse del gruppo e sulle sorprese dello Spirito Santo.
Questo contribuisce a disinnescare l’ansia del risultato.
1.
La preparazione.
Chi ben prepara è già a metà dell’opera.
Si tratta di stabilire bene i contatti, preparare i materiali necessari all’incontro, predisporre l’ambiente, curare il momento dell’acco- glienza.
2.
La preghiera di apertura.
Si inizia con l’invocazione allo Spirito, un testo della Parola di Dio e altro testo significativo che le fa eco.
Seguono tre fasi di ascolto.
3.
Nella prima fase i partecipanti condividono la loro esperienza rispetto al tema dell’incontro.
Il registro è quello della narrazione.
Terminato il primo giro, il coordinatore propone due minuti di silenzio.
4.
Si passa alla seconda fase:
“cosa ci ha colpito, cosa ci interpella profondamente, cosa ci dice lo Spirito?”.
Il coordinatore o qualcuno che lo affianca fa una breve sintesi di quanto emerso.
Seguono due minuti di silenzio.
5.
Si arriva così alla terza fase:
“cosa sentiamo importante dire a noi stessi alla Chiesa intera come contributo sinodale rispetto a questo tema?”.
L’incaricato fa una breve sintesi.
6.
Si conclude con la preghiera, come si aveva cominciato.
Un singolo incontro è bene che duri un’ora e mezzo.
Può durare anche di più se è inserito in un lavoro articolato in più fasi.
Un breve momento conviviale finale rafforza il gruppo, crea fiducia, incoraggia a proseguire.
NOTE: È importante compilare e inviare il MODULO per la Costituzione di un Gruppo Sinodale, entro la fine dicembre 2021, alla e-mail:
camminosinodale@Sul sito diocesano: vi sarà un banner dedicato in home page.
albaIl sito CEI contiene molto altro materiale e viene frequentemente aggiornato.
SinodalePer informazioni rivolgersi ai referenti diocesani:
don Piero AnnamariaI momenti di ascolto e confronto hanno sempre come orizzonte di riferimento la domanda fondamentale proposta dal Sinodo universale: Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
Per dare ancora più concretezza a questa domanda di fondo ci si confronta su alcune domande più specifiche, inserite in dieci nuclei tematici.
Alcune domande sono evidenziate per far risaltare immediatamente il significato del nucleo.
Lettera Pastorale 2021Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco.
Nella nostra comunità parrocchiale o comunità pastorale chi sono coloro che “camminano insieme”?
Quando diciamo “la nostra parrocchia”, ‘la nostra comunità” chi ne fa parte?
Chi ci chiede di camminare insieme?
Con chi siamo disposti a farlo?
Ci è stato chiesto in questi anni di ‘uscirÉ, verso chi abbiamo compiuto passi significativi al riguardo?
Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale?
Chi sono quelli che sembrano più lontani?
Quali gruppi o individui sono lasciati ai margini?
L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi.
Verso chi la nostra comunità è “in debito di ascolto”?In che modo Dio ci sta parlando attraverso voci che a volte ignoriamo?
Quali sono i limiti della nostra capacità di ascolto, specialmente verso coloro che hanno punti di vista diversi dai nostri?
Come vengono ascoltati i laici, in particolare giovani e donne?
Come integriamo il contributo di consacrate e consacrati?
Che spazio ha la voce delle minoranze, delle persone emarginate e degli esclusi?
Come riusciamo ad ascoltare le persone che hanno una storia di migrazione?
Come riusciamo ad ascoltare chi si sente ai margini perché vive situazioni familiari difficili?
Come riusciamo ad ascoltare chi ha un credo religioso diverso dal nostro?
Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo?
Come vengono ascoltati quanti sono impegnati a diverso livello nel mondo della cultura, dell’educazione, dell’economia, della politica, quanti lavorano per la costruzione di un mondo più giusto?
Quanto le nostre comunità sanno stare tra la gente, sostenere ed accogliere la storia dei luoghi dove il Signore ci chiama ad annunciare il Vangelo?
Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità.
Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi?
Come riusciamo a dare spazio alla parola di tutti nel consiglio pastorale parrocchiale?
Cosa permette o impedisce di parlare con coraggio, franchezza e responsabilità nella nostra Chiesa locale e nella società?
Quanto e come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore in ordine alle questioni della vita della Chiesa e della vita del territorio che condividiamo con tutti?
Come funziona il rapporto con il sistema dei media (non solo quelli cattolici)?
Come riusciamo a valorizzarle i media come risorsa?
Chi parla a nome della comunità cristiana e come viene scelto?
“Camminare insieme” è possibile solo se si fonda sull’ascolto comunitario della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia.
Come la preghiera e la liturgia ispirano le decisioni più importanti nella vita della comunità, gli atteggiamenti e le iniziative di più ampia condivisione?
Che cosa ci ha insegnato il tempo della pandemia sulla vita liturgica della nostra comunità?
Come promuoviamo uno stile di ascolto della Parola di Dio nella vita quotidiana delle persone?
Ci preoccupiamo di annunciare la Parola in maniera nitida?
Come promuoviamo la partecipazione attiva di tutti i fedeli alla liturgia?
Quanto riusciamo a rendere le nostre liturgie limpida celebrazione dell’azione trasformatrice della grazia?
Quanto sappiamo accogliere in esse la vita del mondo?
Quale spazio viene dato all’esercizio dei ministeri del lettorato e dell’accolitato?
La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare.
Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che modo ogni battezzato è chiamato a partecipare alla missione della Chiesa?
Cosa impedisce ai battezzati di essere attivi nella missione?
Quali aree di missione stiamo trascurando?
La catechesi è esercitata in una logica di corresponsabilità?
Come la vita di carità, le iniziative di solidarietà, sono vissute quale elemento costitutivo della missione della Chiesa?
Come le comunità parrocchiali si prendono a cuore la formazione iniziale dei presbiteri?
Come le nostre comunità sostengono i suoi membri che servono la società in vari modi (impegno sociale e politico, ricerca scientifica, educazione, promozione della giustizia sociale, tutela dei diritti umani, cura dell’ambiente, ecc.)?
In che modo la Chiesa aiuta questi membri a vivere il loro servizio alla società in modo missionario?
Come è assunto il progetto pastorale diocesano e come è vissuto il rapporto con gli uffici pastorali diocesani?
Come nella costruzione del Regno di Dio possono contribuire anche quanti non si riconoscono come credenti e come riteniamo di poter tessere reti di collaborazione e di scambio?
Il dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze, ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli.
Quali sono i luoghi e le modalità di dialogo all’interno della nostra parrocchia?
Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà?
Come promuoviamo la collaborazione con parrocchie vicine, con gli uffici diocesani, tra le comunità religiose presenti sul territorio, con il livello diocesano delle associazioni e movimenti laicali, ecc.?
Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, la società civile, i poveri...?
Sappiamo della presenza sul territorio di comunità di differente tradizione religiosa?
E quanto ce ne occupiamo?
Quali relazioni possiamo costruire?
Quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso portiamo avanti con credenti di altre religioni e con chi non crede?
Il dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo battesimo, ha un posto particolare nel cammino sinodale.
Conosciamo le comunità cristiane presenti sul territorio?
Quali relazioni ha la nostra comunità ecclesiale con membri di altre tradizioni e denominazioni cristiane?
Quali ambiti riguardano?
Come possiamo compiere il prossimo passo per fare progressi nel nostro camminare insieme?
Quali frutti abbiamo tratto fino ad ora da questo “camminare insieme”?
Quali le difficoltà?
Una Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile.
Come viene esercitata l’autorità all’interno della parrocchia?
Come si identificano in parrocchia gli obiettivi da perseguire, la strada per raggiungerli e i passi da compiere in ordine alla catechesi e alla formazione, alla vita liturgica, alla carità?
Quale ruolo viene dato al Consiglio pastorale parrocchiale?
Quale attenzione è data alla verifica di quanto svolto?
Quali sono le pratiche di lavoro in équipe e di corresponsabilità?
Come si promuovono i ministeri laicali e l’assunzione di responsabilità da parte dei fedeli?
Che cosa ci ha insegnato il tempo della pandemia al riguardo della collaborazione e corresponsabilità nella progettazione della vita pastorale?
In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito.
Con quali procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni all’interno della parrocchia e delle unità/comunità pastorali?
Quale metodo di lavoro hanno i nostri organismi di partecipazione?
Come possiamo migliorare queste modalità sia in ordine alla gestione dell’incontro, sia in ordine al confronto e alla presa di decisione?
Quale attenzione è data alla trasparenza dei processi decisionali e alle decisioni prese sia a livello parrocchiale, sia a livello diocesano?
I nostri metodi decisionali ci aiutano ad ascoltare tutto il Popolo di Dio?
Come possiamo crescere nel discernimento spirituale comunitario?
La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità.
Come ci formiamo nella nostra comunità al “camminare insieme”?
Come le nostre comunità possono contribuire a formare i presbiteri e le altre figure che rivestono ruoli di responsabilità all’interno per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare?
Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità?
Come la parrocchia valorizza l’esperienza e l’apporto delle aggregazioni laicali?
Quali strumenti ci aiutano a leggere le dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile di Chiesa?
Quale uso facciamo degli strumenti messi a disposizione dagli Uffici pastorali diocesani e nazionali?
“Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo dopo il nostro passaggio sulla terra.
Amiamo questo pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità.
La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli”.
(EG 183)
I momenti di ascolto e confronto hanno sempre come orizzonte di riferimento la domanda fondamentale proposta dal Sinodo universale:
Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale? Per dare ancora più concretezza a questa domanda di fondo ci si confronta su alcune domande più specifiche, inserite in dieci nuclei tematici.Alcune domande sono evidenziate per far risaltare immediatamente il significato del nucleo.
Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco.
Chi fa parte della comunità ecclesiale?
Chi sono coloro che in essa “camminano insieme”?
E in che senso?
Chi chiede di camminare insieme alla Chiesa e perché?
Chi è disposto a farlo e come?
Si è parlato in questi anni di una “Chiesa in uscita” verso chi sono stati compiuti passi significativi al riguardo?
Quali sono i compagni di viaggio della Chiesa, anche al di fuori del perimetro ecclesiale?
Ci sono persone o gruppi lasciati ai margini, espressamente o di fatto?
L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi.
La comunità ecclesiale è un luogo in cui ci si ascolta e si impara ad ascoltare?
Verso chi la Chiesa diocesana e le comunità parrocchiali sono “in debito di ascolto”?
quali sono i pregiudizi e gli stereotipi che ostacolano l’ascolto?
C’è un reale ascolto del contesto sociale e culturale e della vita delle persone, specie di chi è più in difficoltà?
Come vengono ascoltati quanti sono impegnati a diverso livello nel mondo della cultura, dell’educazione, dell’economia, della politica?
Come e quanto la comunità ecclesiale sa sostenere ed accogliere la storia dei luoghi in cui vive?
Quanto questa storia può contribuire al modo d’essere della Chiesa?
In questo tempo particolare della pandemia la Chiesa è stata capace di ascoltare?
Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità.
All’interno della comunità e dei suoi organismi c’è uno stile comunicativo libero e autentico?
E nei confronti della società, su che cosa e come la Chiesa può prendere la parola?
Chi prende la parola a nome della comunità ecclesiale?
La comunità ecclesiale è fermento di consapevolezza e di speranza nei nostri paesi e nelle nostre città?
Sa essere segno di profezia?
“Camminare insieme” per la Chiesa è possibile solo se si fonda sull’ascolto comunitario della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia.
In che modo la preghiera e la celebrazione, la liturgia, ispirano e orientano effettivamente il camminare insieme della comunità ecclesiale e il suo camminare insieme con tutti?
ispirano le decisioni più importanti nella vita della comunità, gli atteggiamenti e le iniziative?
Quale spazio viene dato all’ascolto della Parola e come viene annunciata?
La comunità cristiana è capace di illuminare gli eventi e le situazioni della storia e della vita comune nel riferimento alla Parola?
Come appaiono le celebrazioni liturgiche a chi ad esse si accosta?
Quale coinvolgimento?
Quale accoglienza della vita del mondo?
Come il tempo della pandemia ha cambiato il nostro modo di percepire e di vivere la liturgia?
La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare.
Quale riteniamo sia la missione specifica della Chiesa?
Come la comunità sostiene i propri fedeli impegnati in un servizio nella società (impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della casa comune, ecc.)?
Come li aiuta a vivere questi impegni?
Come riteniamo che la Chiesa sappia tessere reti di collaborazione e di scambio con quanti pur non riconoscendosi credenti lavorano per la costruzione di un mondo più giusto?
Che importanza hanno la catechesi e la vita di carità in ordine alla missione della Chiesa?
Come andrebbero condotte?
Il dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze, ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli.
Quali sono i luoghi e le modalità di dialogo all’interno della comunità ecclesiale?
Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà?
Come si promuove la collaborazione tra parrocchie vicine, tra le comunità religiose presenti sul territorio, tra i gruppi delle associazioni e dei movimenti laicali, ecc.?
Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura e dell’arte, la società civile, i poveri e i più fragili...?
Si sanno valorizzare le competenze presenti nei diversi ambiti di vita e le diverse esperienze di umanità vissuta?
Quali relazioni, quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso si possono costruire con credenti di altre religioni e con chi non crede?
Il dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo battesimo, ha un posto particolare nel cammino sinodale.
Si conoscono le comunità cristiane presenti sul territorio?
Quali rapporti si intrattengono o sono da intrattenere con loro?
Quali ambiti riguardano?
Quali le difficoltà?
Una Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile.
Come viene esercitata l’autorità all’interno della comunità ecclesiale?
C’è una pratica di lavoro in équipe e di corresponsabilità?
Come si promuove l’assunzione di responsabilità da parte dei fedeli?
Che cosa ha insegnato il tempo della pandemia al riguardo della collaborazione e della corresponsabilità nella vita della comunità ecclesiale?
In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito.
Che cosa significa e che cosa comporta il discernimento comunitario?
Che cosa può e deve essere oggetto di discernimento nella comunità ecclesiale?
Con quali procedure e con quali metodi si prendono le decisioni all’interno della comunità ecclesiale?
Come si possono migliorare?
Come si promuove la partecipazione alle decisioni?
Quale attenzione è data alla trasparenza dei processi decisionali?
Che cosa può trasmettere al più ampio contesto sociale l’esercizio del discernimento comune che la comunità ecclesiale è chiamata a vivere?
La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità.
Ci si preoccupa di formare le persone, in particolare quelle che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare?
Quale formazione si può offrire al discernimento e all’esercizio dell’autorità?
Quali strumenti e quali confronti possono aiutare a leggere le dinamiche della cultura in cui si è immersi e il loro impatto sullo stile della Chiesa?
C’è un valore sociale e culturale della sinodalità?